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Che cos’è il complesso del martire? 18 indizi per individuarlo

Complesso del martire

Avere un complesso del martire è come disporre di un bonus per uscire gratis di prigione.

Esso consente di eludere il senso di colpa e di vergogna, bypassare la responsabilità e, tragicamente più importante, permette di schivare la vita reale e l’auto-crescita. Avere un complesso del martire implica, essenzialmente, puntare il dito su altre persone o situazioni della tua vita e incolparle per le tue malattie, delusioni, sogni infranti e turbolenze emotive.

Quindi cos’è un martire? Hai un martire nella tua vita? E, soprattutto, tendi ad esibire il martirio?

Tabella dei Contenuti

Innanzitutto, cos’è un martire?

Tradizionalmente un martire è inteso come una persona che è disposta a morire per il proprio paese, religione o credo. In questi giorni, il termine “martire” si riferisce a una persona che si sacrifica inutilmente per gli altri, ignorando i propri bisogni.

Che cos’è il complesso del martire?

Il complesso del martire è un modello distruttivo di comportamento in cui una persona cerca abitualmente sofferenza o persecuzione come un modo per sentirsi “bene” con se stessa. Tutti abbiamo la capacità di essere martiri, ma chi soffre di complesso del martire lo adotta come un ruolo quotidiano, spesso a scapito delle sue relazioni.

Avere un complesso del martire è uno stile di vita in contrasto con ogni interazione che una persona ha verso gli altri e il suo ruolo nel mondo.

Perché le persone sviluppano il complesso del martire?

Come mai alcune persone diventano vittime autoimposte e altre diventano campioni auto realizzati? Ci sono una serie di potenziali motivi per questo. E tutti potrebbero aiutarti a sviluppare una comprensione più compassionevole degli altri e / o di te stesso.

Le esperienze dell’infanzia ci plasmano in modo significativo e spesso i complessi del martire si sviluppano adottando i modelli e i valori comportamentali contorti dei nostri genitori. Ad esempio, se nostra madre / nostro padre sono vittime autoimposte che hanno rinunciato a tutte le loro speranze e sogni per noi, è probabile che adotteremo i loro stessi valori di altruismo e sacrificio. Dato che i nostri genitori e familiari erano come degli dei per noi quando eravamo piccoli, inconsciamente adottiamo molti dei loro tratti.

Anche il condizionamento sociale / culturale contribuisce notevolmente alla nostra tendenza a sviluppare determinati complessi. Ad esempio, fare un semplice confronto tra i vari ceppi culturali di un popolo rivela molto sulle diverse aspettative nelle relazioni e nella vita in genere. Le nostre radici culturali determinano molti dei pensieri e dei sentimenti che abbiamo riguardo a chi siamo e chi “dovremmo” essere.

L’autostima e il successivo sviluppo delle nostre convinzioni fondamentali,  è anche un importante contributo allo sviluppo di un complesso del martire. I sentimenti negativi che proviamo verso noi stessi, tendiamo a nasconderli facendo credere di essere “gentili, amorevoli, compassionevoli e premurosi”. Il ruolo del martire è essenzialmente un meccanismo di auto-gestione disfunzionale che, per essere superato, richiede un serio lavoro sull’ombra. Essere un martire autoimposto elimina anche l’onere di assumersi la responsabilità della propria vita, scaricando sugli altri la causa dei nostri fallimenti e delusioni.

18 indizi per individuare il complesso del martire negli altri o in te stesso

Qui esamineremo il complesso del martire in modo più approfondito. Tutti i segni e gli esempi saranno formulati in terza persona.

  1. La persona ha un martire storico come suo eroe, o un genitore o un nonno che hanno abbandonato tutte le loro speranze e sogni nel “sacrificio” per la famiglia.
  2. E’ nata in una cultura / paese / famiglia che ha ruoli di genere, credenze religiose o aspettative molto rigorosi.
  3. Mostra segni di bassa autostima, ad esempio incapacità di ricevere amore o affetto, immagine negativa del corpo, eccessivo auto-giudizio, lamentela compulsiva, ecc.
  4. Ha subito abusi da bambino: emotivamente, psicologicamente o fisicamente (ad es. da un genitore, un fratello, un familiare, un membro della chiesa, un insegnante, ecc.).
  5. E’ coinvolta in una relazione violenta ma non fa nulla per allontanarsi dal perone abusivo.
  6. Rifiuta di assumersi la responsabilità delle decisioni e delle scelte che le hanno causato dolore o sofferenza.
  7. Si dipinge come giusto, altruista, il “bravo ragazzo / ragazza”, il santo, il custode o l’eroe.
  8. Incolpa l’egoismo e la disumanità delle altre persone per la sua repressione e oppressione.
  9. Cerca continue conferme sulla sua innocenza e grandezza.
  10. Esagera il suo livello di sofferenza, difficoltà e maltrattamenti.
  11. Ha una percezione cinica o paranoica delle intenzioni degli altri.
  12. Sente un bisogno ossessivo di avere ragione.
  13. Ha difficoltà a dire “no” e a stabilire confini personali.
  14. Presume che altre persone possano leggere la sua mente.
  15. Manipola o costringe emotivamente le persone a fare ciò che vuole rappresentandosi come il nobile e sofferente benefattore.
  16. Non prende iniziativa per risolvere i suoi problemi.
  17. Quando i suoi problemi sono risolti, ne trova altri di cui lamentarsi.
  18. Cerca attivamente apprezzamento, riconoscimento e attenzione attraverso il dramma.

Esempi:

  1. Gianna ha una relazione con Paolo, che è un alcolizzato. Le sue amiche le hanno costantemente consigliato di troncare la relazione per la sua salute. Ma Gianna continua a insistere sul fatto che Paolo “cambierà” e lei lo aiuterà ad essere una persona migliore, nonostante la riluttanza di Paolo a migliorare se stesso.
  2. Antonio fa continuamente gli straordinari al senza essere sollecitato a farli. Quando uno dei suoi colleghi viene promosso alla posizione di assistente manager all’interno dell’azienda, fa sentire in colpa il suo capo sottolineando quanto “lavora duro e quanto si sacrifica” senza ottenere nulla in cambio.
  3. Monica sta facendo del suo meglio all’università, eppure sua madre le chiede spesso aiuto per questioni futili. Quando Monica spiega che “ha molto da fare” a causa del suo studio universitario, sua madre inizia a lamentarsi di quanto sia egoista e sconsiderata, e di come “abbia rinunciato a tutto per permetterle di studiare”.
  4. Giuseppe e Fabio possiedono un’officina. Quando Giuseppe suggerisce a Fabio di “fare una pausa”, Fabio risponde dicendo: “Senza di me, questo posto andrebbe a rotoli. Non posso permettermi una vacanza”.
  5. Valentina e Roberto sono sposati da 20 anni. Quando Roberto suggerisce a Valentina di ricominciare a dipingere, Valentina dice: “Come faccio? Devo continuare a prendermi cura dei miei figli; ho troppo da fare”, anche se entrambi i loro figli sono adolescenti e autosufficienti.

Come affrontare il complesso del martire negli altri

Come abbiamo visto finora, coloro che soffrono della sindrome del martire credono che:

  • Devono soffrire volontariamente in nome dell’amore
  • Tutto cadrà a pezzi se non ci sono loro a tenerlo insieme
  • Si reputano responsabili del benessere e della felicità di tutti
  • Gli altri sono responsabili della loro infelicità, difficoltà e maltrattamenti
  • Poiché si sacrificano così tanto, le altre persone devono assecondarlo, obbedirgli o venerarlo
  • Si impongono sacrifici o dispensano aiuti non richiesti

Coloro che soffrono del complesso del martire possiedono anche una convinzione fondamentale profondamente nevrotica  di “essere cattivi” e quindi devono rassicurarsi della propria innocenza attraverso il sacrificio di sé e le dimostrazioni di auto-esaltazione.

Sfortunatamente, la convinzione radicata del martire di essere intrinsecamente “indegno” lo porta ad attrarre inconsciamente situazioni in cui sarà abusato o dato per scontato. Di conseguenza manipolerà gli altri e distorcerà i fatti per riconfermare così la sua convinzione di essere “cattivo” e che merita “cose cattive”.

In sostanza, se vivi con un martire, scoprirai che è costantemente alla ricerca di modi per dimostrare la sua bontà, mentre, allo stesso tempo, creerà situazioni che lo fanno sentire “cattivo”; per esempio, rimane in relazioni tossiche, si lascia usare, suscita inutili discussioni, crea drammi.

Quindi cosa puoi fare se ti trovi a che fare con qualcuno affetto dal complesso del martire? Lo esploreremo di seguito:

1. Smetti di accettare da esso doni, favori ed espressioni eccessive di sforzo o sacrificio

Più prendi o accetti da un martire, più aspettative si farà su di te e più probabilmente si sentirà risentito verso di te creando drammi in futuro. Naturalmente, non devi rifiutare completamente qualsiasi cosa che un martire fa o ti dà. In realtà ti consiglio di accettare qualcosa da una volta ogni tanto solo per fargli sapere che non lo stai completamente snobbando. Ma assicurati di non fare affidamento sul martire perché potresti benissimo perpetuare il suo complesso. Questo è molto importante. Devi imparare ad essere il più autosufficiente possibile.

2. Riconoscere o essere d’accordo con loro, ma non soddisfare il loro bisogno di pietà o approvazione

Ad esempio, se hai un amico che ti dice come è rimasto sveglio tutta la notte per sbrigare pratiche riguardanti il vostro lavoro, non dargli pietà o simpatia (dopo tutto, è stata una sua scelta). Invece, riconosci i dettagli della situazione, ad esempio “Sì, sarà un grande successo” o, “Hai fatto un lavoro eccezionale” o, “Che programma hai usato?” EVITA “Oh, poverino” o “Sarai sicuramente stanchissimo” ecc.

Un altro esempio potrebbe essere il tuo partner che ti dice “Ho passato tutta la mattinata a lavare la cucina – 3 ore senza sosta. Ora le mie dita sono gonfie”. In risposta a questo, potresti riconoscere o essere d’accordo, ad es. “Sì, ho notato che era davvero sporca e adesso brilla come nuova ” o,” Ha un buon profumo – hai usato un prodotto alla cera d’api? ” EVITA “Mi dispiace di non aver potuto farlo io!” o, “Grazie mille, sei un angelo.”

Con il martire, è molto meglio esprimere il tuo apprezzamento sottolineando le azioni piuttosto che gli stati d’animo. Inoltre, non mostrando pietà, approvazione o simpatia, non gli dai spunti per manipolarti o attivare il suo comportamento autodistruttivo. Così facendo, non ha altra scelta che affrontare l’aspetto non necessario delle sue azioni.

3. Sii coraggioso e parla onestamente

Prima di tutto, devi capire (e probabilmente già lo fai) che essere onesti con chiunque ci si sente a disagio. Se ti apri al martire dicendogli come ti senti in sua presenza, probabilmente ti scaricherà addosso vagonate di negazioni, offese o lacrime – o una combinazione di tutte e tre. Tuttavia, se ti preoccupi del benessere del martire (perché magari è una tua persona cara), devi piantare un seme al suo interno, facendogli sapere che hanno davvero un problema su cui bisogna lavorare. Ecco alcune cose da fare e da non fare quando si tratta di avere un cuore a cuore con il martire nella tua vita.

Cosa fare:

  • Organizza o trova il momento opportuno per parlare (che non sia pieno di distrazioni o drammaticità). La mattina di un giorno non lavorativo è un buon momento, così come un luogo tranquillo fuori di casa.
  • Apri la conversazione dicendogli quanto apprezzi e ammiri i suoi sforzi.
  • Prosegui facendogli sapere che hai notato il suo sacrificarsi inutilmente e i risultati dannosi di questo comportamento su di lui/lei e sulla famiglia / amici.
  • Sii consapevole del fatto che, molto probabilmente, finirà per negare qualsiasi implicazione. Sempre con molta probabilità, ti punterà il dito contro e inizierà a criticare i tuoi difetti per distogliere l’attenzione da se stesso. Sii consapevoli della tua tendenza ad offenderti e a difenderti (che rovinerebbe l’intera conversazione), quindi riconosci ciò che dice, concorda, ma ristabilisci subito l’argomento della conversazione.
  • Forniscigli esempi chiari del suo comportamento (preparateli in anticipo). Sii consapevole del fatto che proverà ad argomentare i fatti e ascoltalo (perché c’è la possibilità che tu possa sbagliarti). Ma ricorda anche di seguire la rotta e dargli buoni motivi per cui stai sollevando l’argomento.
  • Potrebbe sprofondare nell’autocommiserazione, nel qual caso puoi confortarlo, ma anche parlargli della necessità che si prenda del tempo per amare e apprezzare se stesso, piuttosto che aspettarsi sempre che siano gli altri a farlo.
  • Se ammette di avere un problema, parla di come risolverlo. Ad esempio, potrebbe andare da un consulente o iscriversi a un corso di auto-aiuto o acquistare un libro sull’argomento. Potresti anche offrirti volontario per fargli sapere in futuro quando sta scivolando nel ruolo di Martire per dargli una mano.

Cosa evitare:

  • Non diventare difensivo, arrabbiato o polemico. SÌ, è allettante, ma è necessario iniziare la conversazione da un presupposto di calma e comprensione. Le persone che soffrono del complesso del martire sono quasi sempre completamente inconsapevoli di ciò che stanno facendo. Il loro comportamento è il risultato di una mancanza di consapevolezza di sé e di amore per se stessi.
  • Non criticarlo personalmente, ma sottolinea solo il suo COMPORTAMENTO. Parla in termini di “Ho notato che il comportamento che mostri…” o “Il tuo comportamento in questa situazione…” EVITA “Mi stai manipolando”, “Lo fai sempre…”
  • Non parlargli quando è già stressato o occupato. Pianifica la conversazione per il momento e il luogo giusti.
  • Non aspettarti che la conversazione vada perfettamente. Probabilmente sarà una sfida, e potresti aver bisogno di riprendere la questione un paio di volte prima che faccia presa. In altri casi (specie con gli anziani), la conversazione potrebbe essere completamente inutile in termini di aspettarsi che cambino. Ma essere aperti su come ti senti aiuta davvero a liberare l’aria e aiuta a incoraggiare il martire ad essere più autocosciente in futuro.

Parola chiave: capire

Capire perché una persona cara ha un complesso del martire è il modo migliore per perdonarla, amarla e vivere con lei. Questo non significa che devi approvare ciò che fa o permettere a te stesso di essere manipolato. Ma significa che puoi sperimentare più libertà e felicità: non lasciare che le emozioni represse rovinino la tua salute mentale ed emotiva.

Superare il complesso del martire

Cosa fare quando sei tu ad avere il complesso del martire?

E se tu stesso fossi davvero in difficoltà con la sindrome del martire?

Tranquillo. Tutti noi abbiamo le nostre ombre, e di certo non sei una persona terribile o orribile. Sei una persona ben intenzionata ma fuorviata da esperienze negatine che, probabilmente, non è a conoscenza di questo problema da molto tempo. E va bene.

Il fatto stesso che stai leggendo queste parole in questo momento e sei disposto a cambiare, mostra quanto sei sincero riguardo al migliorare la tua vita e quella degli altri. Molto bene!

Di seguito, ti darò alcuni suggerimenti che ti aiuteranno a mettere fine al martirio personale:

1. Trova un nuovo ruolo nelle tue amicizie / relazioni / posto di lavoro

Questo è estremamente importante. Come specie, tutti noi abbiamo ruoli diversi nelle nostre amicizie e relazioni. Alcune persone assumono ruoli di autorità, altri adottano ruoli di uguaglianza e altri accettano ruoli di sottomissione.

Il tuo ruolo (fino ad ora) è stato quello del “senza di me non ce la potete fare”; in altre parole, il tuo ruolo si è elevato SOPRA le altre persone perché, queste ultime, sono diventate dipendenti da te in un modo o nell’altro. Per fortuna, puoi cambiare la situazione. Devi uscire dal tuo ruolo di educatore e benefattore sacrificale ed esplorare diversi ruoli che sono più  sani e onesti. Ecco alcuni esempi di ruoli funzionali:

  • L’amante
  • Il confidente
  • Il compagno / amico
  • L’avventuriero
  • L’intrattenitore
  • Il pacificatore

Ci sono molti altri ruoli – ma chiediti sempre: “È un ruolo sano e funzionale? Mi sono elevato sopra, sotto o agisco da pari a questa persona? ” Cerca sempre ruoli che creino uguaglianza sia per te stesso che per l’altro.

2. Assumiti la responsabilità di te stesso

Impara ad assumerti la responsabilità delle tue decisioni, sentimenti e azioni. Anche se può essere doloroso e difficile da fare, assumersi la responsabilità ti consente di tracciare una linea tra ciò che puoi e non puoi cambiare nella tua vita. Anche se assumersi la propria responsabilità può essere difficile, è anche molto potenziante. Invece di incolpare gli altri per la tua sofferenza, saprai che la tua felicità non è la responsabilità di nessun altro se non la tua – e quindi ti sentirai ispirato a fare cambiamenti positivi nella tua vita.

3. Preparati per il gioco

Ci saranno errori e ci saranno anche persone nella tua cerchia sociale che saranno confuse, forse anche allarmate o infastidite dal tuo comportamento. Quando una persona in un’amicizia o in una relazione cambia improvvisamente il proprio ruolo, c’è inevitabilmente un po’ di disorientamento. Il modo migliore per ridurre il dramma è dire chiaramente ai tuoi amici, familiari, partner o persino colleghi che stai attraversando un periodo di crescita personale che ti richiede di sperimentare.

Una comunicazione chiara e aperta è il modo migliore per rendere il tuo percorso un po’ più fluido. Ma non aspettarti che lo sia. Potresti scoprire che una particolare relazione nella tua vita non ti sta servendo perché, in realtà, sta istigando il tuo ruolo di martire.

Cosa puoi fare in questo caso? Se è possibile ripara questa amicizia, collaborazione o relazione, fallo. Comunica, sii paziente, ma non permettere a nessuno di ostacolare il tuo processo di guarigione. Dopo tutto, devi vivere con te stesso per il resto della tua vita. Vuoi vivere in una bugia costante? Vuoi mentire sul tuo letto di morte e riflettere su una vita semi-vissuta? O vuoi cogliere l’occasione per ricominciare da capo, cancellare la lavagna e provare la gioia e la libertà che derivano dall’espansione?

Il punto è che devi profondamente, sinceramente voler cambiare, ANCHE a spese di potenziali perdite relazionali nella tua vita. Sii paziente e concediti il ​​tempo di pensarci.

4. Pratica il lavoro interiore e l’involuzione

L’involuzione (al contrario dell’evoluzione) riguarda lo spostamento della consapevolezza dal mondo esterno a quello interno . Si tratta di fare crescita personale attualizzare le tue priorità e di lasciar andare le maschere, le pretese e i modelli comportamentali tossici che rendono la tua vita un inferno.

Due dei percorsi del lavoro interiore  sono la consapevolezza di sé e l’amore di sé, e questi sono vitali per guarire il complesso del martire. La coltivazione di queste due proprietà può richiedere mesi o addirittura anni. Ma sappi che più queste qualità sono affinate, più ottieni chiarezza, fiducia e capacità di amare veramente e ricevere amore incondizionato.

Per aiutarti a diventare più consapevole di te stesso potresti iniziare chiedendo a qualcuno di cui ti fidi di aiutarti. Potresti sederti con il tuo partner, spiegare i tuoi sentimenti e le tue scoperte e chiedere loro di fare un grande favore per te: sottolineare ogni volta che stai tornando al ruolo di martire. Fai loro sapere che potresti essere arrabbiato, difensivo o ostile nei loro confronti, ma questo è solo a causa della tua delicata autostima. Ricorda di ringraziarli continuamente per il loro sforzo.

In alternativa, puoi tenere un diario ogni giorno annotando i tuoi progressi. Devi scrivere religiosamente su questo diario ogni giorno (anche se non ne hai voglia), esplorando cosa hai fatto, come ti sei sentito e cosa pensi in generale.

Infine, puoi associare questi esercizi di autocoscienza con la coltivazione dell’amore per se stessi. Questo articolo su come praticare la cura di sé ti darà alcune idee.

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