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Cos’e il desiderio di perfezione e perchè ne cadiamo vittime?

Desiderio di perfezione

Il desiderio di perfezione è la ricerca dell’utero perduto. Il paradiso perduto. Il bambino è in uno stato di beatitudine nel grembo materno; quel ricordo persiste. Non è solo un ricordo nel cervello, è in ogni cellula del corpo, in ogni fibra del corpo. È ovunque in noi. 

Quel ricordo persiste. Quei nove mesi sono stati di una tale gioia eterna, di un tale rilassamento e serenità, che non è facile dimenticarli. Anche se a livello cosciente lo hai dimenticato, l’inconscio continua a desiderarlo. Cerca in tutti i modi di raggiungere di nuovo quel paradiso perduto. 

Tutte le religioni puntano a questa ricerca, e anche tutta la scienza consiste in questa ricerca. Lo sforzo scientifico è quello di ricreare quel grembo materno all’esterno: con il riscaldamento centralizzato, con l’aria condizionata, con abiti confortevoli, con una tecnologia sempre più sofisticata. L’intero sforzo è quello di ricreare il grembo materno all’esterno, nella vita di tutti i giorni. 

E la religione cerca di ricreare l’utero all’interno: con la preghiera, con le tecniche di meditazione, con l’amore, con Dio. Ma lo sforzo è uno solo: come tornare a essere in quei giorni bellissimi e provare di nuovo quella beatitudine. Questo grembo perduto è ciò che ha ispirato la parabola di Adamo, Eva e del Giardino dell’Eden.  

Il desiderio di perfezione è che qualsiasi cosa accada in te, a te o intorno a te, non è mai abbastanza. Non è mai come dovrebbe essere, c’è sempre un vuoto. Si può ancora immaginare che le cose siano migliori; si possono ancora immaginare giorni migliori, possibilità migliori. Si continua a desiderare queste possibilità migliori. 

Si può abbandonare questa ricerca di perfezione solo se si trascende il trauma della nascita. Allora il desiderio di perfezione scompare, scompare immediatamente. E la scomparsa di questo desiderio è un grande sollievo, perché solo allora si può iniziare a vivere momento per momento, a godersi la vita. Infatti, come si può vivere con questo desiderio di perfezione? È la fonte di tutte le nevrosi. 

La persona che vuole diventare perfetta è destinata a diventare nevrotica, perché non riesce a godersi nulla. Per quasi tutto il tempo la sua mente si trova nel futuro, ovvero un tempo che non c’è. Non può godere di questo momento, può solo condannarlo, può solo vederne i difetti. Non può amare QUESTA donna perché proietta su di essa l’idea di una donna perfetta. Non può amare QUEST’uomo perché quest’uomo non è perfetto come se lo aspetta. Non può godere di questo cibo, di questa colazione, di questa mattina: niente è mai soddisfacente, non può esserlo. Le aspettative sono lì, la sua mente fa continui paragoni e non riesce a soddisfarle. 

La persona che vive nel desiderio di perfezione, vive una vita condannata. E anche la società promuove tale condanna. I genitori, le scuole, i media, le università, i guru dell’assertività e della resilienza, i preti, i politici, tutti contribuiscono a renderti nevrotico. 

Fin dall’infanzia, non sei stato accettato per come sei. Ti è stato detto: “Devi essere così, solo così sarai accettabile”. Se vuoi vivere una vita tua, sarai condannato da tutti, tutti saranno contro di te. I tuoi genitori non potranno tollerarti. Devono plasmarti, formarti, cambiarti, manipolarti: devono MANIFESTARTI secondo i loro desideri. 

E qual è il loro problema? Anche loro soffrono del trauma della nascita. Hanno cercato per tutta la vita di diventare perfetti e hanno fallito. Nessuno può mai riuscirci; il desiderio è tale che è destinato a fallire. Il fallimento è inevitabile, perché si può continuare ad avere successo, ma l’idea di perfezione diventa sempre più sofisticata. Man mano che si ha successo, l’idea inizia a muoversi sempre di più verso il futuro. Diventa sempre più sofisticata: sempre più aspettative… 

La distanza tra te e l’idea di perfezione rimane sempre la stessa. Se hai diecimila Euro, te ne servono centomila per essere felice. Quando ne hai centomila, il desiderio è andato avanti; ora non è più sufficiente. Nemmeno quei centomila sono abbastanza. E così avviene in ogni cosa. 

I genitori vivono i loro traumi. Hanno provato per tutta la vita e hanno fallito; ora vogliono vivere attraverso il bambino. Quindi iniziano a trasformare il bambino in un essere nevrotico, ora iniziano a insegnargli il culto della perfezione. Questo è un modo di vivere surrogato. Hanno fallito; ora sanno che la morte sta arrivando, che i loro giorni sono finiti, che stanno perdendo la speranza. Nasce una nuova speranza: possono vivere una vita surrogata attraverso il bambino. Se non sono stati perfetti, almeno i loro figli possono esserlo. E si dice che un albero si conosce dai frutti: se i figli sono perfetti, allora i genitori devono essere stati perfetti. 

È così che l’intera nevrosi continua, da una generazione all’altra, come una dinastia. I genitori cercano continuamente di migliorare il figlio in ogni modo. E tutto ciò che riescono a fare è far sentire il bambino condannato così com’è. Gli rendono impossibile amare sé stesso, rispettarsi. E una volta persi l’amore e il rispetto per sé stessi, si è persi. 

Il mondo soffre così tanto: di follia, di tutti i tipi di malattie mentali, di malattie fisiche. E il novantanove per cento delle cause di tutti questi problemi mente-corpo deriva da questo approccio, secondo cui il bambino deve essere perfetto. 

Una famiglia era seduta in un ristorante. La cameriera prese l’ordinazione degli adulti e poi si rivolse al figlio piccolo. 

“E tu, cosa prendi?”, chiese. 

“Voglio un hamburger”, esordì timidamente il bambino. 

Prima che la cameriera potesse annotare l’ordine, la madre lo interruppe. “No, niente hamburger”, disse. “Dategli cotoletta di pollo e insalata”. 

Ma la cameriera la ignorò completamente. “Vuoi le patate al forno o gli spinaci con l’hamburger?”, chiese al bambino. 

“Patate al forno”, rispose lui con un sorriso felice sul volto. 

“Arrivo”, disse la cameriera, avviandosi verso la cucina. 

Alla sua partenza ci fu un silenzio attonito. Alla fine il ragazzo si rivolse ai genitori. “Sapete una cosa?”, disse. “Lei pensa che io sia reale”. 

È da qui che nasce il problema: non permettiamo ai nostri figli di essere reali. Li facciamo sentire irreali, li costringiamo a sentirsi falsi, rifiutati, senza valore. E una volta creata nella loro mente l’idea che non valgono nulla così come sono, nasce naturalmente un grande desiderio di diventare perfetti. E con questo nasce ogni sorta di nevrosi. 

Il mio sforzo qui è quello di aiutarti non ad essere perfetto, ma ad abbandonare tutta questa assurdità. Abbandonando questo, diventerai per la prima volta reale. 

La realtà non è mai perfetta. La realtà è sempre in crescita: come può essere perfetta? Una volta che qualcosa è perfetto, la crescita non è più possibile. Solo l’imperfezione può godersi la gioia di crescere. 

Vuoi essere un fiore che cresce e si apre? O vuoi diventare solo una pietra morta, perfetta, senza apertura, senza crescita e senza evoluzione? Rimani imperfetto e rispetta le tue imperfezioni; allora potrai godere, festeggiare, essere sano e integro. E non avrai più bisogno di prendere farmaci per dormire, per vincere l’ansia o gli attacchi di panico. E non ci sarà nemmeno bisogno di trattamenti d’urto. Infatti, se lo stress mentale scompare, il corpo si sentirà immediatamente sollevato. 

Molte malattie scomparirebbero automaticamente dalla terra se questa sciocca idea di diventare perfetti scomparisse. Ma questa idea è stata insegnata da ogni angolo: dalla chiesa, dalla politica, dai media, dalla scuola, dai talk show. Ovunque, tutti sembrano far parte della cospirazione. Tutti sembrano essere assolutamente determinati a rendere ogni persona perfetta. Ma non è mai esistito un solo essere umano perfetto, non può esistere. L’imperfezione è il modo in cui le cose sono. L’imperfezione è bella, perché ha il potenziale per crescere e fluire. La perfezione è semplicemente la morte e nient’altro.  

La vita è imperfetta. E la vita gode dell’imperfezione. 

Io  insegno la totalità, non la perfezione. Sono due obiettivi diversi. La perfezione è un obiettivo nevrotico, la totalità è un obiettivo sano. La perfezione è nel futuro, la totalità è adesso. Si può essere totali in questo momento. Puoi essere totale tua vostra rabbia, puoi essere totale nel tuo entusiasmo, puoi essere totale in qualsiasi cosa tu stia facendo: pulire il pavimento, cucinare il cibo o scrivere poesie. Puoi essere totale! Questo momento, non ha bisogno di preparazione, non ha bisogno di coltivazione. 

Ed essendo totali entrerai in Dio, nel nirvana. Quando sei totale, l’io scompare: questa è la bellezza della totalità. Cerca di capire – questo è sottile e di immenso significato: quando sei totali, l’io scompare. 

Hai mai vissuto dei momenti di totalità? Allora sai che l’io scompare immediatamente. Se sei totalmente innamorato di una donna o di un uomo, l’io scompare. Se sei andato a fare una passeggiata mattutina e sei totalmente immerso in essa, nient’altro conta in quei bellissimi momenti – solo la mattina e tu, voi e la mattina, gli uccelli, gli alberi, il sole, e sei completamente coinvolto, completamente immerso nel momento – l’io scompare.  

Se si è totali, l’io scompare lasciando spazio alla beatitudine. Danzare, cantare, ascoltare musica, o semplicemente passeggiare. Lo vedo accadere a molte persone. Quando guardo il viso di qualcuno, so se c’è o non c’è l’io. Il tuo viso ha immediatamente una qualità diversa. Quando ti guardo e l’io non c’è, sei solo un’apertura, una finestra, posso vedere chiaramente Dio in te. In quei momenti, Dio è lì. Tutte le nuvole sono scomparse e il cielo è chiaro, trasparente e il sole splende. 

Ogni volta che il tuo io scompare per un momento, improvvisamente posso vedere la luminosità che viene sul tuo viso, quella qualità magica che sorge intorno a te. 

Ma a noi è stato insegnato a vivere in modo non totale, a vivere attraverso l’idea di perfezione. 

Se nella totalità l’io scompare, con la perfezione è esattamente il contrario. Con l’idea di perfezione l’io si rafforza. È un ideale egoista: “Voglio essere perfetto”. L’io non può essere totale, perché nella totalità non si trova mai l’io. Per questo fa appello anche all’ego, per diventare perfetto, per essere l’uomo o la donna più perfetti del mondo. L’ego si sente molto bene e inizia a lottare per raggiungere questo obiettivo. L’ego è coinvolto dall’idea di perfezione. In questo modo si garantisce la sopravvivenza.  

In questo momento l’esperienza del grembo materno rimane nel tuo inconscio, così intensa che ti sforzi di ottenerla inconsapevolmente cercando la perfezione nel quotidiano. Ecco perché si continua a pensare che in passato tutto andava bene o meglio rispetto ad oggi. Questa non è altro che una proiezione dovuta all’esperienza del grembo materno. In tutte le società del mondo, in tutte le religioni del mondo, persiste l’idea che l’età dell’oro ci sia stata da qualche parte nel passato. Quando Adamo viveva nel giardino dell’Eden, era il paradiso. In India si dice che l’età dell’oro fosse molto, molto antica. Poi le cose hanno cominciato a precipitare: il peccato originale. Eravamo in uno stato di beatitudine e poi abbiamo iniziato a cadere. L’abbiamo perso. 

Questa non è altro che la stessa storia, intrecciata filosoficamente. La caduta originale non è altro che la caduta dal grembo materno. E il ricordo che prima, in un tempo lontano, tutto era dorato e bello, non è altro che un ricordo proiettato sulla storia. Memoria individuale proiettata sulla storia collettiva. E dobbiamo raggiungerla di nuovo, quindi ci interessiamo al futuro che, ovviamente, dovrà essere un futuro perfetto.  

Quindi ci sono due tipi di persone, ed entrambe non sono diverse in fondo. Le persone religiose dicono che l’età dell’oro era nel passato. E quelle non religiose dicono che l’età dell’oro sarà nel futuro, che l’utopia sta arrivando. 

Non sono diverse. Sembrano diverse, perché una parla del passato e l’altra del futuro. Ma il meccanismo è lo stesso: entrambe vogliono evitare il presente. Religiosi e scientisti non sono molto diversi. 

La vera spiritualità inizia con il presente e finisce con il presente. Non ha passato, non ha futuro. Questo momento è tutto. 

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