Una donna, che da anni recitava un certo mantra, venne a trovarmi e disse: “Nonostante tutti questi anni di esercizio la distrazione è ancora in agguato”. Ho chiesto, “Qual è la distrazione?” E lei rispose che suo marito era morto e l’amava moltissimo.
Conoscevo quella donna; era una bellissima persona. Non si è mai risposata. L’amava davvero. Nessun’altro uomo l’aveva mai attratta. Ora lui era morto e il vuoto era lì, e lei sentiva la solitudine. A causa di questa solitudine andò da un insegnante di yoga e gli chiese “Come posso sbarazzarmi del ricordo di mio marito?” Così quell’insegnate le diede un mantra.
Cantò il mantra per tre anni ma, ogni volta che si sforzava di concentrarsi sul mantra, nella sua mente appariva la figura del marito defunto. Non riusciva a dimenticarlo. Il mantra non si dimostrò abbastanza forte, per cui venne da me, disperata. Disse: “Sono passati tre anni e sono sempre ossessionata dalla sua memoria, e sembra che non riesca a uscirne. E anche questo mantra non ha aiutato. È da tre anni che lo pratico con religiosa costanza.”
Io le risposi: “Stai perdendo tempo. Non è necessario eseguire questo mantra. Ripeti il nome di tuo marito; trasformalo in un mantra. Tieni la sua foto davanti a te: guarda la foto e rendila l’immagine del divino”. E lei disse: “Ma come? È la mia distrazione!” Ma io ho insistito nel dirle: “Trasforma la distrazione nella tua meditazione. Perché creare conflitti?”