L’altra notte un uomo ha esalato il suo ultimo respiro. Oggi la gente piange alla sua porta.
In questi momenti sorge nella mia mente un ricordo di un evento nella mia infanzia. Ero al funerale di un amico di famiglia e la gente stava chiacchierando in piccoli gruppi. Uno dei parenti del defunto disse con fierezza: “Non ho paura della morte, la morte è un amico”.
Da allora ho sentito questa stessa affermazione in forme diverse da persone diverse. Ho anche guardato negli occhi di chi dice questo e ho scoperto che queste “paure senza paura” derivano proprio dalla paura.
Niente cambia solo dando alla morte nomi bellissimi. In realtà, la paura non è della morte, la paura è di ciò che non è familiare. Ciò che è sconosciuto crea paura in noi. È necessario conoscere la morte. Questa conoscenza porta al superamento della paura. Perché? – perché è attraverso la conoscenza che si viene a sapere che non esiste la morte per come siamo abituati a concepirla.
È solo la personalità, che abbiamo assunto come nostro “io”, che si frantuma, che muore. Si frantuma perché non ha coesione. È solo una combinazione, un’unione di pochi elementi. Quando questa unione si disintegra, la personalità si spezza. Questo è ciò che è la morte. Quindi, fino a quando la personalità è considerata come qualcosa di reale o concreto, c’è la morte.
Spostati più in profondità rispetto alla personalità e, quando arrivi al vero Sé, raggiungi l’immortale.
Il percorso di questo viaggio, la penetrazione dalla superficie della personalità al nucleo del Sé, è la liberazione.
È nel samadhi, l’illuminazione, che avviene la conoscenza della morte. Proprio come l’oscurità cessa di esistere nel momento in cui sorge il sole, così fa la morte quando si raggiunge il samadhi.
La morte non è né un nemico né un amico, semplicemente non esiste. Non è necessario né temerla né sfidarla. Uno deve solo saperlo. L’ignoranza di essa è paura, a volte travestita da coraggio.