Le regressioni d’età spontanee (o inconsce) sono momenti nei quali entriamo in reazioni automatiche, soprattutto in quei contesti che ci provocano una forte tensione emotiva.
La regressione di età inconscia è un fenomeno comunissimo ed è possibile riscontrarla anche a livello fisiologico: possiamo osservare delle variazioni nel diametro pupillare del nostro interlocutore, che fissa uno spazio intermedio tra noi e lui senza guardarci effettivamente.
Effetti più frequenti di questa condizione si manifestano quando la persona è bloccata nelle realtà del passato, ovvero in ricordi di esperienze pregresse: infantilismi, paure, blocchi emotivi, ansie senza chiara origine.
Il soggetto si “comporta da bambino”. Se osserviamo, spesso, quando ci parla, non guarda noi. Il suo sguardo rimane come a fissare uno spazio tra noi e lui. Si focalizza infatti su ricordi del passato e reagisce in maniera simile a come aveva imparato nel passato. In certi casi possiamo anche notare in una persona l’alternarsi di toni di voce differenti. Anche il cambiamento di tonalità è un fenomeno di “trance quotidiana” che può essere indizio di un tornare indietro nel tempo in maniera tale che la voce della personalità attuale viene sostituita dalla voce della personalità “bambina”.
Esercizio:
Fate attenzione ai vostri interlocutori: a quando e come cambiano voce. Noterete che vi sono specifici modelli di reazione che guidano il fenomeno.
La persona non è focalizzata sul presente. Nella rievocazione degli episodi passati con la vista guarda in un punto dello spazio, dove rivede i momenti del passato. Tale punto è PRIMA degli oggetti che lo circondano.
Per aiutarlo, chiediamo al soggetto di rievocare il momento del passato e, a quel punto, gli domandiamo di osservarci. Per effettuare questa rievocazione possiamo utilizzare anche una linguistica appropriata che evochi il ricordo dell’immagine, del tipo “ci sono degli avvenimenti precedenti che giustificano questo comportamento?”. Anche se il soggetto non li ricorda, il suo inconscio vi riaccenderà e, in quel momento, incontrerà anche il nostro sguardo. Fissandolo, diveniamo parte del processo e siamo inseriti anche noi con lui come risorsa.
Possiamo allora agire in molte maniere:
● Fissarlo e guidarlo a parole ad ampliare il campo di visione notando altri elementi nella scena che modifichino la risposta automatica. Gli diremo “allarga lo sguardo, non vedi attorno degli elementi che invece ti possono dare tranquillità o stabilità?”.
● Questo tipo di tecnica si può anche fare da soli. Rievochiamo una scena che ci fa paura, ed allarghiamo lo sguardo. Spesso infatti ci concentriamo su pochi elementi significativi, ad esempio la faccia delle persone che ci parlavano. Allargando lo sguardo tutto prende una differente ottica.
● Un altro metodo operativo è individuare un simbolo od effettuare un’azione che possa agire come risorsa e proiettarlo nel corpo della persona dove è il riflesso del suo problema. Questa azione sarà particolaremente efficace grazie al grado di concentrazione che abbiamo creato. Per simbolo si intende anche un gesto. Ad esempio un movimento effettuato con le mani di allontanamento dello stato negativo.
● Settorializzare: trovare il punto dove l’emozione è più forte, considerare solo questo e potenziare ancora il sintomo in questa zona, eventualmente ripetere ancora il processo finché non passiamo ad un ordine di percezione differente. Questo processo è però particolarmente complesso ed è consigliato solo per operatori esperti. In pratica in questa maniera attraverso l’utilizzo dello sguardo che nella nostra procedura si chiama “fascinazione”, facciamo passare il soggetto da una trance intrapersonale (in lui) ad una trance interpersonale (con noi).
Per imparare correttamente questa tecnica consigliamo la partecipazione al Corso di Ipnosi.