In base ai sistemi di credenze del contesto socioculturale in cui siamo cresciuti, viviamo tutti nella convinzione di possedere una mente “monolitica”: un unico io da cui si diramano pensieri, emozioni, abitudini e comportamenti. Questa visione, che può sembrare realistica, viene messa seriamente in discussione da tre grandi scuole mistiche: l’Alchimia, il Sufismo e il Tantra.
Dall’Alchimia viene il famoso metodo del “Solve et Coagula” più noto come “Lavoro sulle Ombre”. Il Sufismo ci ha lasciato in eredità L’Enneagramma, lo straordinario strumento che ci aiuta a identificare e guarire le cosiddette Ferite Sacre. La tradizione Tantra ci insegna la lettura dei Registri Akashici, con la quale possiamo portare alla luce e trascendere gli schemi karmici che influenzano in modo negativo il nostro presente.
Ebbene, secondo tutte e tre queste discipline di lavoro interiore, ogni essere umano reca dentro di sé una folla composta da tanti piccoli io. Durante la giornata ciascuno di questi piccoli io prende, a turno, il comando della situazione spingendoci a fare cose che non funzionano e schiavizzandoci con credenze limitanti e processi mentali auto sabotanti.
Non sei malato
Attenzione! Qui non stiamo parlando di patologie come il disturbo di personalità multipla ma di condizioni abituali dell’essere nella vita di tutti i giorni. Condizioni che non sono ovviamente patologiche ma che bloccano comunque molti aspetti della vita di una persona, impedendole di realizzarsi sia sul piano materiale che spirituale.
Non solo, tutte queste parti frammentarie interagiscono anche tra di loro. Facendolo aprono conflitti e tensioni interne che sfociano in “vorrei ma non posso”, ansie, paure, blocchi, relazioni di bassa qualità, insuccessi ecc.
Sicuramente può sembrare strano pensare a se stessi come a un mosaico composto da tante piccole menti. Al di là di questo, Alchimia, Sufismo e Tantra ci rassicurano e ci fanno capire che prendere coscienza di questa condizione frammentaria è il primo passo in un grande processo di guarigione, crescita ed evoluzione.
La visione della mente monolitica, con la quale siamo cresciuti, ci porta a considerare patologica la frammentazione e a temere le nostre parti interiori, soprattutto quelle etichettate come “oscure”.
Il risultato è che tentiamo con ogni mezzo di combattere, reprimere e nascondere tutte quelle parti di noi che riteniamo vergognose. Naturalmente, non riuscendoci, ci sentiamo frustrati e rassegnati a un destino crudele. Il peggio è che cominciamo a odiare noi stessi.
L’evitamento non è la soluzione
La strategia repressiva può anche avere senso ma solo se poi ci si accontenta di trascorrere una vita in perenne fuga da se stessi.
Facciamo un esempio. Supponiamo che tu voglia cambiare lavoro e iniziare un’attività in proprio basata sulle tue passioni. Senti che questa potrebbe essere la tua strada per sentirti più gratificato ma sei bloccato dalla paura di fallire o di prendere decisioni sbagliate. Tenti di dominare questa paura con la forza di volontà o di superarla con pensieri razionali. Ma la paura non sente ragioni.
Le provi un po’ tutte: psicanalisi, meditazione, preghiera, mantra, legge di attrazione, corsi motivazionali ma nulla sembra risolutivo.
Finisci quindi per rassegnarti e accettare la paura come ospite permanente nella tua vita, evitando le opportunità che ti si presentano, sentendoti un fallimento e chiedendoti cosa ci sia di sbagliato o difettoso in te.
Anche le tue relazioni cominciano ad andare male perché temi che gli altri possano giudicarti o approfittare delle tue debolezze.
Repressione, vergogna e il sorgere del sé ombra
Il culto della repressione e dell’evitamento domina tuta la società occidentale. Veniamo indottrinati a credere di dover disciplinare le nostre menti medioevali, impulsive e politicamente scorrette attraverso la forza di volontà.
Eserciti di guru ed esperti di auto aiuto, che passeggiano su spiagge tropicali, ci assicurano che è tutta questione di “assertività” e “resilienza”. Questi due concetti sono terribilmente occidentali come la Coca Cola. Purtroppo, la moda creatasi sui termini di assertività e resilienza viene utilizzata dai politici per indurci ad accettare di buon grado limitazioni delle libertà, perdita di diritti e ogni sorta di nonsense ideologico.
Sempre i suddetti guru ci spiegano che le persone sono povere perché mancano di autocontrollo e che i ricchi sono ricchi perché ne hanno, nonostante le statistiche dimostrino il contrario.
Poiché quest’etica zoppicante spadroneggia in ogni aspetto della vita quotidiana, impariamo fin da piccoli a vergognarci e a maltrattare le nostre parti ritenute inopportune e sconvenienti.
Tutto questo non fa altro che alimentare il cosiddetto sé ombra. Il sé ombra è quella porzione di mondo interiore che accoglie tutte le parti che nell’arco della nostra vita abbiamo represso o negato.
A lungo andare il sé ombra diventa sempre più frustrato e represso finché non inizia a dimenarsi come un animale selvatico in gabbia, dando luogo anche a malattie psicosomatiche.
Le parti ombra non sono cattive
Sempre in base ai sistemi di credenze di cui sopra, siamo portati a considerare i nostri lati oscuri come demoniaci. Ma quei lati sono diventati oscuri perché siamo noi che li abbiamo rinchiusi nel buio di una prigione.
In realtà tutte le nostre parti interiori possono essere sia luminose che oscure a seconda dell’uso che ne facciamo o delle circostanze in cui le utilizziamo.
Facciamo un esempio con il binomio altruismo – egoismo.
L’altruismo è comunemente considerato una parte luminosa. Ma se una persona compie atti di generosità mossa dall’intento di ricevere un tornaconto di qualsivoglia natura, ecco che quell’altruismo si macchia di oscurità.
D’altro canto, l’egoismo è effettivamente una strategia di comportamento che può risultare dannosa in molte circostanze. Ma se noi facciamo entrare in gioco la nostra parte egoista per difenderci, ad esempio, dagli attacchi dei vampiri energetici o degli approfittatori, ecco che quella parte, comunemente definita oscura, diventa utile e costruttiva. Luminosa!
In altre parole, non puoi essere un autentico altruista se non sei anche capace di essere egoista. Altrimenti rischi di diventare un “altruista compulsivo”, che fa del bene non per il puro piacere di farlo ma perché hai un disperato bisogno di tornaconto (amore, considerazione, controllo ecc.).
Lo stesso principio si applica a qualsiasi altra parte luminosa e la sua controparte ritenuta oscura: profondità – superficialità, cautela – temerarietà, diplomazia – rabbia e così via…
Ciascuna nostra parte, che sia ritenuta oscura o luminosa, può funzionare in alcune situazioni e non funzionare in altre. Sta a noi acquisire la saggezza necessaria per capire quando utilizzare l’una e quando l’altra.
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Solo quando arriviamo a “rilassare”, accettare e integrare le nostre parti interiori possiamo veramente guarire dalle nostre ferite emotive, tornare integri, riconnetterci con l’Anima e sbloccare tutte le aree della nostra vita.